giovedì 19 novembre 2015

Notizie interessanti

Avevo chiesto se qualcuno avesse notizie di un personaggio della Valle del Verde soprannominato Bataclan, di cui varie volte ho sentito parlare, e che richiama nell' omonimia il locale parigino in cui si è consumata l' orrendo atto barbarico. Ebbene, la signora Franca Marioni di Guinadi che ho avuto il piacere di incontrare qualche volta all' Archivio di Stato di Pontremoli ha avuto la gentilezza di inviarmi qualche interessantissima notizia su questo "storico" personaggio della nostra terra d' Appennino.
 La ringrazio e, come ho concordato con lei, sono lieto di presentare il suo scritto nel blog.



FRANCESCO PELLICCIA detto Bataclan o Blanblan

Che fenomeno!

Era un omone grande e grosso senza più famiglia prossima, viveva un po’ allo sbando, dormendo dove capitava, truffando, rubacchiando, lavoricchiando. All’occorrenza faceva lo stagnino, pitturava ambienti con una certa vena artistica,  si era costruito delle marionette  alle quali prestava diverse voci e che esibiva per la gioia dei bambini di Guinadi contro un obolo di qualche centesimo (mio padre si ricordava uno spettacolo sotto le arcate della bottega vecchia e il nome di due marionette: Pulogna e Shandron).
Era anche un poeta alla sua maniera, componeva “trabacle”per gli sposi, sempre contro un conquibus di vettovaglie, e soprattutto aveva sempre la parola pronta all’ironia e si divertiva a sorprendere la gente con frizzi e lazzi.
Le sue imprese sono rimaste memorabili e vengono tramandate ancora al giorno d’oggi.
Eccone alcune.

Come detto si arrangiava con qualche furtarello. Così un giorno transitando per il paese di San Lorenzo vide stese ad asciugare  nell’orto sotto la chiesa le camicie del prete e ne rubò una. Bisogna sapere  che questo prete aveva il gozzo, per cui probabilmente la camicia sarà stata fatta su misura. Ma Francesco non faceva certo lo schizzinoso, a caval donato non si guarda in bocca. E se la indossò tranquillamente.
Accadde che poco tempo dopo incontrasse il prete che lo salutò chiedendo “allora Francesco, come va?” e Francesco di rimando “è un po’ larga da collo ma va bene lo stesso” “ah Francesco ce ne avete sempre una delle vostre!” disse il buon prete. E  Francesco lo fulminò così “no, questa volta è proprio una delle vostre”.

Era anche dispettoso e irrispettosamente  investiva le persone con la sua espressione preferita “na bela merda”. Forse ormai la gente non ci faceva caso ma la zia Caterina (la za Caten) di Matellaccio (nata Callegari) gli disse “ a me, Francesco, non mi prenderete mai”, e lui “ oh sì che vi prenderò”.
Un giorno lui era seduto sul muretto della vasca, la zia spuntò dall’angolo della volta di minghen, che veniva dal piagnaro dove era stata a rigovernare la mucca. Lesto Francesco saltò giù dal muretto e si mise a cercare nel canaletto dove scorreva l’acqua,  chiedendosi  a voce abbastanza alta  perché lei lo sentisse “ma dove sarà, eppure è caduto qui”. La zia arrivò alla sua altezza e gli chiese “cosa cercate Francesco” e lui, che non aspettava altro “na bela merda Caten”. La zia capì e gli disse “questa volta me l’avete proprio fatta”. E lui, finalmente soddisfatto “ve l’avevo detto che ve l’avrei fatta!”
Un  giorno si  sparse la voce in paese: Bataclan è morto!
Quale non fu la sorpresa quando lo videro scendere dal treno al Borgallo. Il padre della Luciana, Guido Andreetti, che era ferroviere, gli  andò incontro dicendogli “Francesco! Dicevano che eravate morto!” e lui “o sì  ninen è vero, ma ho visto che nessuno mi è venuto a prendere e allora sono venuto su da solo”

Ogniqualvolta c’era un furtarello  dicevano “sarà stato Bataclan”. E così un giorno arrivarono i carabinieri. Lui si era nascosto in una cascina in Vardiago. I carabinieri lo vennero a sapere e andarono a bussare all’uscio. Lui da dentro chiese chi ci fosse. E loro: “è la forza” “se c’è la forza che spinga” rispose, e se la diede  a gambe attraverso un buco che prudentemente aveva fatto sul retro della cascina, dileguandosi giù per la Verdesina, dove non lo ritrovarono più.

Una notte era alla posta in quel di Vignola in un orto di fagioli, verosimilmente per rubarli. Arrivò un “concorrente” che aveva le sue stesse intenzioni. Manifestandosi  gli disse “guarda che io sono incaricato dal proprietario di fare la guardia ai fagioli, per cui se vuoi cavartela senza guai è meglio che mi paghi”. Il malcapitato lo pagò, ben contento di cavarsela a buon conto (cornuto e mazziato). E Francesco forse dopo avrà anche rubato i fagioli!

Giocare con le parole, questa era la sua specialità.
Una volta la Castellotti Maria (la mamma della Clelia) aveva un anello da allargare e siccome lui era capace di farlo gli chiese se le  faceva questo lavoro. Lui non sprecò tante parole e le disse semplicemente “ e dammelo!” Lei glielo diede e aspettò un bel po’ che glielo restituisse, poi si decise a chiederglielo. E lui pronto “ma me l’hai dato!”

Andava vestito alla bell’e meglio, con gli abiti che gli piangevano addosso e con delle scarpacce che gli ridevano ai piedi e gridavano vendetta. Si presentò una volta alla bottega, dove vendevano,  oltre ai commestibili, anche mercanzie varie. Sicuramente lui aveva già adocchiato un paio di pantofole, quelle di pezza con la gomma sotto, appese al muro. E così  disse alla Ida (la mamma di Renato) che le avrebbe volute provare per  vedere se gli calzavano. Le disse anche che non si  azzardava, cioè non osava, provarsele in negozio (facendo capire che lo stato dei suoi piedi lasciava alquanto a desiderare) e che avrebbe preferito andarle a provare di sotto, dove  ci sono le arcate. La Ida in buona fede gli disse  che facesse pure. Non vedendolo tornare andò a vedere e trovò come ricordo un bel paio di scarpacce vecchie.

Mio nonno Bartolomeo lo aveva ingaggiato per pitturare una camera da letto nella casa nuova, dove lui eseguì una magnifica corona di fiori al centro del soffitto. Mia mamma era una bambina e girellava nel fondo, dove lui si trovava in quel momento, mangiando qualche cosa. Lui la guardò e molto seriamente  le chiese “mangi?“ “Sì” “e allora saresti una maiadura” giocando sul doppio senso di mangiatora (che mangia) e mangiatoia (dove mangiano le bestie).

Un’altra volta transitando per la strada del Castello incontrò mia zia Linda che era piccolina. Lui aveva qualcosa in mano che faceva ballonzolare e lei timorosa si tirava indietro al suo passare. Lui guardandola e facendo andare il braccio volutamente avanti e indietro disse “e io faccio sempre così”, divertendosi della bimba che si allontanava indietreggiando.

Se fosse vissuto al giorno d’oggi ed avesse avuto l’istruzione adeguata sarebbe stato un “multi genio”, abile nei lavori manuali, abile attore, abile scrittore ed abile oratore. Ce lo saremmo ritrovato in televisione magari a fare concorrenza a Sgarbi e  sicuramente avrebbe fatto più bella figura di tanti quaraquaqua che appestano le nostre giornate televisive.


PS: non sapendo esattamente né la data di nascita, né la data di morte, ipotizzo che fosse nato intorno agli anni 1880, poiché quando mia mamma e mio padre erano bambini erano gli anni ’30 e lui era già un uomo di mezz’età. Farò indagini accurate nei documenti della Curia in mio possesso. Da qualche parte ho pure una foto sua che al momento non saprei dove trovare…

In quanto al nome Bataclan, anch’io ho sempre supposto che fosse ispirato dal nome del locale di Parigi, che, essendo molto conosciuto, deve essere stato famigliare ai vecchi di Guinadi (fra i quali anche  i miei nonni) che erano emigrati in Francia, anche prima della Grande Guerra.
E siccome è un nome molto particolare (ispirato dall’operetta Ba-ta-clan di Offenbah), deve aver colpito la fantasia dei guinadesi che l’hanno poi attribuito a Francesco.
Quando ero in Francia io, erano gli anni ’60, ricordo che era ancora un cinema.
 
SCRITTO DA FRANCA MARIONI ... DI GUINADI


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